Con il termine “sciamanismo” vengono etichettate una serie di conoscenze, pratiche, tecniche religiose e magico-rituali arcaiche di tipo estatico, attraverso le quali le comunità tradizionali, mediante la figura dello sciamano, risolvevano problemi del singolo e della comunità.
Il termine italiano “sciamano”, e il suo corrispettivo inglese “shaman”, risultano adattamenti del russo šaman, a sua volta reso dal tunguso šamān.
Lo sciamanismo, inteso come la pratica di rendere il Guaritore un ponte tra il mondo spirituale e il mondo materiale, originariamente legato a culture tribali di cacciatori-raccoglitori, appare diffuso quasi ovunque nel mondo.
Il termine “sciamanismo” verrebbe quindi utilizzato solo nominalmente per etichettare tradizioni esoteriche che condividono pratiche analoghe, dislocate nei vari angoli del globo.
È possibile ipotizzare che tali pratiche siano esistite fin dal Paleolitico anche nei popoli europei, arricchite da rituali derivanti da contatti con popoli confinanti, e poi ancora assimilate a credenze magico-religiose successive, in un processo noto all’antropologia con il nome di sincretismo.
In tale definizione non sono purtroppo comprese le tradizioni “esoterico-religiose” italiane a seguito del sincretismo operato dal cristianesimo, che le ha assorbite nelle proprie ritualità istituzionalmente o tollerandole laddove possibile. Quando le nostre tradizioni si sono mostrate incompatibili con la visione della nuova religione imperante, sono state invece etichettate quali declinazioni del potere del diavolo sulla terra, comportandone così il ripudio istituzionale e di conseguenza l’abbandono – almeno in via manifesta – da parte dei credenti.
Andare alle radici dei nostri Antichi Culti significa riconoscere che, prima dell’avvento della religione cristiana, vi erano altre Entità Ancestrali appartenenti a un Regno Spirituale di cui il Guaritore si faceva intermediario.
La riscoperta dei nostri Antichi Culti in chiave sciamanica, moderna e spirituale si muove nella direzione di epurare le nostre originarie usanze dal manto razionalista occidentale e dalla paura superstiziosa dovuta alle repressioni passate. Perciò crediamo che le credenze, le tradizioni e le pratiche rurali italiane sopravvissute fino ai nostri giorni siano l’ultimo retaggio di pratiche sciamaniche nostrane.
Per noi dunque esiste uno sciamanismo italiano o in alternativa non esiste alcuno sciamanismo.
Scopo della nostra scuola è studiare la presenza di pratiche sciamaniche sul territorio italiano e divulgarle. Di tali pratiche rimane una traccia nel nostro substrato culturale: un sistema di credenze a carattere sciamanico, tipico delle antichissime strutture delle società tribali.
Il nostro obiettivo è seguire questa traccia, in questo viaggio di riscoperta, per riportare alla luce e rientrare in relazione con i nostri Antichi Culti e le potenti Entità Spirituali che ancora popolano i nostri luoghi e proteggono le nostre genti da millenni.
Riconosciamo come orientamento del nostro lavoro opere e studi di grandi autori quali:
Mircea Eliade – nella definizione di sciamanismo quale attività legata a un guaritore capace di andare nel regno spirituale e tornarne per guarire la propria comunità;
Carlo Ginzburg – circa l’esistenza in Europa di miti e riti di radice eurasiatica a sfondo sciamanico coperti dalle ricostruzioni cattoliche del “sabba”;
Ernesto De Martino – con i suoi studi etnografici sulle attività esoteriche delle “fattucchiere meridionali” e di tutti gli studi delle antiche usanze nel Meridione d’Italia;
Carl Gustav Jung – che ha riscontrato la presenza di figure archetipiche nell’inconscio collettivo che condividono la struttura nella maggior parte dei miti di tutte le culture del mondo;
Joseph Campbell – che con la teoria del “monomito”, o viaggio dell’eroe ha dedotto l’elaborazione dei temi comuni che attraversano tutte le produzioni mitologiche del mondo;
Vladimir Propp – nello studio delle fiabe quali ultima eco di miti e riti di iniziazione e di passaggio all’età puberale in società tribali;
Giambattista Basile e Italo Calvino – delle raccolte di fiabe italiane come prova etnografica dell’esistenza di riti italiani a sfondo sciamanico;
Philippe Descola, Bruno Latour, Eduardo Viveiros de Castro – nella teorizzazione dell’ “Ontological Turn” (Svolta Ontologica) – quale teoria che tenta di annullare la distanza tra alcuni dualismi “ontologici” quali natura/cultura, soggetto/oggetto, persone/cose che non si riscontrerebbero all’interno di cosmologie passate e presenti di molte culture del mondo;
Gabriele Costa e Mario Alinei – nella elaborazione della “teoria della continuità paleolitica” (Paleolithic Continuity Theory);
Michael Harner – nella creazione del Core Shamanism (sciamanismo transculturale) il quale, partendo da un lavoro comparativo sui metodi usati dagli sciamani di tutto il mondo, è giunto alla conclusione per cui lo sciamanismo non sia solo un metodo arcaico di guarigione ma una “strategia a carattere trans-culturale che si avvale di potenzialità umane universali”, utilizzabile quindi da tutti.